Quando ti sei appena seduto in sala, e le luci si sono spente, ti domandi ancora una volta se hai fatto bene a fidarti del nome del regista di un gran bel film come "Traffic", ma allo stesso tempo di un tentativo simpatico esageratamente replicato come gli "Ocean's" dal cast stellare ma dai risvolti non proprio entusiasmanti, così come altri dei suoi lungometraggi. Di certo Soderberg è uno che ci sa fare, e allora perché non dargli fiducia; anche a un Matt Damon assoluto protagonista, che pure ha dato prova di non essere così male, e a una simpatica locandina che recita "basato su un vero pettegolezzo". In realtà il protagonista di questa storia, mentre una musica ironica e country ci accompagna alla sua scoperta, è un dirigente di una società immischiata in attività non proprio lecite, e la prima difficoltà che il responsabile incontra è un virus che misteriosamente sta distruggendo la produzione dell'importante e facoltosa azienda di prodotti biologici. Ne parla con i suoi superiori, che cercano di prendere dei provvedimenti, e chiamano addirittura l'FBI perché si sospetta una manovra da parte dei nemici giapponesi.
Il personaggio di Matt Damon fa affezionare il pubblico, ad ogni modo, e ci si ritrova a partecipare a tutte le sue scelte: ispira quasi simpatia quella voce strana che proviene dalla sua mente e che nelle circostanze più disparate, nei momenti di più estrema tensione, è pronta a informare il pubblico con le più ovvie nozioni di biologia. Eppure c'è qualcosa di strano, mentre la pellicola continua a scorrere e a portare via allo spettatore secondi e minuti: si costruisce come un castello di carta che si capisce possa crollare, che si comprende possa portare a una risoluzione, a un inaspettato cambiamento di rotta, a un colpo di scena. Il momento di massima tensione, però, non arriva mai, e il film continua a dondolarsi sulle note esterne di musiche allegre e spensierate che cullano la trama e creano un contrasto con le vicende che si susseguono e che spiazzano lo spettatore. Quando finisce tutto quanto si ha come l'impressione di essere una parte di un imbroglio, o la stridente sensazione ironica di appartenere a un sistema che non funziona. E anche se si pensa alle cose peggiori che ad ognuno di voi possano venire in mente, che siano in grado di rapire il vostro buon senso e il gusto di vedere una commedia, tutta la proiezione a cui si è assistito lascia un sapore strano in bocca, un sapore ibrido, un intreccio ambiguo, e per qualcuno anche inspiegabile. Il castello di carta diventa un'amnesia da vino bianco, o un disco di free jazz.
Come una piccatina all'arancia.
Come una piccatina all'arancia.
Consigliato: dipende se vi piacciono le piccatine all'arancia.
Filos
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