lunedì 16 novembre 2009

Mr.Nobody di Jaco Van Dormael













"A young boy stands on a station platform. The train is about to leave.

Should he go with his mother or stay with his father?

An infinity of possibilities rise from this decision.

As long as he doesn't choose, anything is possible.

Every life deserves to be lived. "


E’ un film sulle infinite possibilità, di quelli che comunque, anche se nascono da un impianto filosofico che farebbe entusiasmare i professori di Hegel e Kant lasciano un piccolo spazio anche a qualche strano visitatore che s’imbatta nella proiezione quasi per sbaglio e che potrebbe uscire entusiasta, eppure vicino a un suo compagno che si stropiccia gli occhi in attesa di capirci qualcosa, ancora confuso perché, dichiarerà, “In questo film non ci ho capito niente”.

Certo, non è un film per tutti. Può farti scorrere tutta la tua vita davanti, tutti gli interrogativi che ti sei sempre posto magari mentre camminavi tornando a casa o nei momenti di solitudine, e li mischia al sentimento, all’amore e ai rimpianti di tutte quelle cose che avrebbero potuto essere e non sono state; si confondono i ricordi e i nostri desideri, quello che è accaduto e come ce lo eravamo immaginato, come l’avevamo dipinto sopra ai nostri ricordi.

E’ come una spina conficcata sulla guancia che ti porta a domandarti se tutto quello che vedi è davvero reale, se la vita che fai e che scegli è il frutto di un destino prestabilito o semplicemente del caso, di una semplice fatalità, di una fortunata coincidenza: e l’amore, in tutto questo, che ruolo gioca? Incontrare una persona, la persona giusta, è conseguenza di un destino per cui quella e non altre sarebbe stata l’unica, oppure è una delle tante che è stata unica per una serie di circostanze casuali? In un caso sarebbe la nostra scelta, la nostra libertà, a scegliere quella persona e non le altre; ma forse lo farebbe in base a infinite condizioni che potevano essere diverse e potevano cambiarla e cambiarci.

Le infinite possibilità che ognuno di noi ha finiscono per incidere su noi stessi e la nostra vita per una scelta apparentemente insignificante può prendere delle pieghe inaspettate che alterano il nostro modo di essere e che è come se sancissero l’unicità, la specialità di ognuno di noi che in questo momento è sé stesso ma non è nessun altro.

Tutto questo insieme al discorso del tempo, anche fisico-scientifico. Il tempo è una dimensione lineare il cui sviluppo segue un costante e immutabile sviluppo? Oppure è iniziato con le altre dimensioni con il big bang, e non è altro che l’attestazione dell’espansione dell’universo? Ti chiedi ancora se ci sarà mai una fine del tempo, e mentre guardi scorrere immagini di un ipotetico futuro e ripensi a tutte le strade che hai scelto e percorso, ti rendi conto di quanto i tuoi pensieri siano vicini a quell’incostante e velocissima successione d’immagini ed è come se prima di comprare qualcosa a cui tieni immensamente continui a sfiorare le monetine nella tua tasca. E poi, quando l’avrai in mano, una piccola goccia di poggia potesse dirti se smettere di fare ogni cosa in un attimo o aggrapparti con tutto te stesso a tutte le tue possibilità. Perché nella scelta del bambino ci sono tutte le possibilità del mondo.

E mentre ti allontani, se non ti sei smarrito, stretto nel cappotto, o con lo sguardo alla ricerca di una nuvola con una forma buffa, ti domandi ancora qualcosa su quello che hai visto. Mentre cammini, senti ancora qualche voce scorrere, e immagini tutte le strade che potresti prendere in quel secondo. Mentre vai via, ti sembra quasi di essere più leggero o più pesante.

Quasi

come

se non esistessi.

Filos

venerdì 30 ottobre 2009

Eva e Adamo di Vittorio Moroni


In realtà il regista è un amico di famiglia, uno che mi ha inviato una cartolina, perché sa che faccio la collezione - e a ripensarci gli voglio proprio bene - da un viaggio in Bangladesh, o meglio, dalle riprese di un film in Bangladesh. Il regista è un ragazzo caro, con qualche esperienza alle spalle, ma piccole cose, pellicole nascoste, all'ombra di distribuzioni limitate, ma che ogni volta si rivelano enormi nel loro significato, perline luccicanti perse in una spiaggia di sabbia.

Occorre specificare il fatto che il film non è un film, o meglio, è un film-documentario, ovvero un film i cui personaggi non sono fittizi, pura invenzione, ma reali, e perdipiù non sono attori di mestiere, ma semplici donne e uomini (e bambini e vecchine) prelevati dalla vita di tutti i giorni. Individualità fantastiche, in una realtà arida, che è quella della vita. Personaggi meravigliosi pescati chissà come nel caos del mondo, piccoli diamanti in una discarica di vetro.
Le storie sono tre; via via ci sono accuratamente svelate, in una Milano provinciale e in una provincia milanese, e senza accorgercene ecco che il film è finito, anche se una fine non c'è, come un inizio, che non c'è, perché la vita era già iniziata, e continuerà ancora, per Erika, Veronica e Deborah.
Erika è una ricca vecchina unica al mondo nel suo genere: scrive romanzi rosa (e fin qui nessun problema), ha, e non è il primo di questo genere, un giovanissimo marito del sud del mondo, senegalese (già qui non capita tutti i giorni) e presenta un atteggiamento connaturato apparentemente "razzista" nei confronti degli extracomunitari (ecco); o meglio, parla dei suoi mariti a cui dice di volere tanto bene con un che di distaccato, li chiama "loro" come se fossero alieni strani che però, dopo tutto, per molti aspetti sono come noi, anche se "loro" hanno la pelle scura, diversa, e parlano un'altra lingua "primitiva". Subito rischi di affezionarti a questo personaggio dalle mille contraddizioni, e quando il film finisce ti chiedi dove l'hanno trovata, una così, e come fa a esistere veramente e a non essere una buffa invenzione letteraria uscita da non so quale libro.
Veronica è un'infermiera che non ha avuto un'adolescenza facile, tutt'altro; un dolore straziante inaspettato, precoce per una ragazza, che l'ha segnata per tutta la vita. Per fortuna che questa vita, ogni tanto, ci riserva qualcosa di buono, e per Veronica ha pensato a una vera e propria apparizione, una rivelazione: l'incontro con un uomo divorziato e un grande amore, un vero amore. Ma forse questa è la storia più triste, più vicina alla commozione, più aspra e difficile da accettare per lo spettatore. Soprattutto se si pensa alla sua veridicità, ricordiamolo.
E poi c'è Deborah, anche qui un pizzico di contentezza in un oceano di problemi, perché lei ha avuto a che fare con la pornografia, un lavoro consapevole, sì, ma anche un vortice a cui non sembra voler voltare le spalle. E il giovane marito, e il figlio che sta per nascere, e i soldi che non bastano mai. E' la vita.

Forse ho svelato troppo, anzi, sicuramente ho sminuito tutto.

Che dire, vai al cinema convinto di vedere un "filmetto" ed esci che hai visto un film bellino bellino, piccino picciò.

C. S.
P.S.
Leggo che il titolo è tratto da un racconto di Carter, ma, detto fra noi, chissene importa. Giusto una delle tante citazioni che ci ritroviamo costretti a fare e a indovinare.

giovedì 29 ottobre 2009

Parnassus di Terry Gillam


Forse la "sfortuna" di Terry non è del tutto negativa, tra Brasil e quest'altro capolavoro, nonostante in uno il rifiuto di continuare a girare e nell'altro la morte di un grande attore, sembrerebbe che le cose non gli vadano poi così male. Vorrei fare prima una parentesi di lutto per commemorare Ledger che anche in questo film si è rivelato capace di interpretare maestosamente un personaggio del tutto diverso da quelli precedenti, e già questa potrebbe essere una ragione più che sufficiente per andarlo a vedere; ma soprattutto direi che potrete gustarvi una fantasiosa storia ricca di spunti geniali alla libera interpretazione del bene e del male. Un uomo, Parnassus, che, portandovi a cavallo del suo carro ambulante vi precipita dietro uno specchio dove l'immaginazione prende corpo con il grande talento di Gilliam, questo carro porta con se però l'ombra oscura del diavolo ingannatore, tessitore di scommesse che intrappolano in vortici di dolore e ferite lasciate aperte migliaia di anni prima. è infatti il diavolo in persona (con la fantastica iterpretazione di Tom Waits) a scambiare l'immortalità, l'amore e il potere per l'anima della figlia di Parnassus al compimento dei suoi sedici anni. Poco prima del compleanno però eccolo che si ripresenta pronto a fare un'altra scommessa, dunque dopo migliaia di anni le carte si rimescolano, la posta si alza e...Heath Ledger, Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell vi cattureranno in questo arduo e pericoloso gioco nella lotta contro la morte.
Il ragazzo dai più volti, che danno un corpo al bene e al male, sarà capace di salvare Parnassus dalle grinfie del diavolo? Ma soprattutto chi trionferà nell'immaginario di ognuno di noi?



Elettra

lunedì 26 ottobre 2009

Julie&Julia di Nora Ephron


E finalmente arriva anche il contributo di una nostra appassionata lettrice, che secondo C.S. non è una nostra appassionata lettrice, ma va bene lo stesso. Speriamo che questa collaborazione possa continuare, e ringraziamo Elettra per la sua apprezzata opinione.

Che dire? Se non brava, brava, brava. A te, Meryl che ogni volta ci fai sognare; mi trovavo alla premiazione del Marc'Aurelio d'oro alla carriera il 23 Ottobre, e null'altro vi posso dire se non che mi sono commossa davanti a tanta grandezza, davanti ad una donna che ci ha regalato film indimenticabili. Mentre venivano proiettate foto dei suoi film, lei era sul palco a ringraziare il pubblico, l'energia che trasmetteva mi ha travolta talmente da lasciarmi senza parole, infatti non ne ho:-). A seguire c'è stata la proiezione di Julie & Julia, squisita (in tutti i sensi) storia di una cuoca americana che si trasferisce con il suo marito diplomatico (Stanley Tucci) in Francia e siccome non ha nulla da fare decide di avventurarsi nella cucina francese, di cui s'innamora appena la prova, e imparare a cucinare. Talmente innamorata della cucina francese si cimenterà a scrivere anche un libro insieme ad altre due cuoche francesi, che dopo svariati tentativi riescono a pubblicare e diventerà un grande successo che tutt'oggi è considerato una specie di bibbia da tutti gli americani che vogliono imparare a cucinare.
Parallelamente ma a distanza di 50 anni viviamo a casa con Julie (Amy Adams) che insoddisfatta del suo lavoro e della sua vita, e soprattutto della sua casa che sta sopra ad una pizzeria dove convive con suo marito e che non ha una cucina adatta a quanto vorrebbe fare, decide di aprire un blog tramite il quale pubblica ogni giorno l'esito delle ricette prese dal libro di Julia (la cuoco americana). Julia diventa lo specchio dell'anima di questa giovane trentenne che la venera come una vera e propria dea, grazie a lei riscopre il sapore della vita e dell'amore, riesce a portare a termine un progetto cosa che prima di allora non era riuscita a fare.
Con il tatto particolare e allo stesso tempo dolce di una delle più celebri scenografe Nora Ephron, vi potrete divertire dietro ai fornelli con le Giulie, opposte eppure con entrambe una passione sfrenata per la cucina.
Non solo vi consiglio di andare a leccarvi i baffi, ma vi ordino assolutamente di vedere questo film perchè non ve ne pentirete!


Elettra

lunedì 12 ottobre 2009

Inglorious Basterds di Quentin Tarantino


Sono Aldo Raine e col baffetto che c’ho vi introduco in Francia durante l’occupazione nazista. Io odio i nazisti e faccio di tutto per ucciderne il più possibile. Ho il mio gruppetto di seguaci, insaziabile, spavaldo, prepotente e che non lascia scampo. Insomma, tutti brutti ceffi carichi d’adrenalina e vogliosi di sangue. Con loro voglio arrivare al pezzo grosso, all’ideatore di questa pazzia che è il nazismo. Voglio e vogliamo lo scalpo di zio Adolfo. Così tutti insieme chiediamo asilo alla pellicola di Tarantino, che ci mette in mezzo a scene di tutti i tipi: splatter, tachicardiche, inutili, sbruffone, maestose. I ritmi si accelerano solo quando ci siamo noi, manipolo spietato, per il resto si zoppica o si rallenta a guardarsi intorno, c’è addirittura una cottarella di un giovanotto dei loro, cottarella che non sa né di carne né di pesce. C’è un orfana che sputa fuoco di vendetta, una Cenerentola spia con tanto di dettaglio feticistico su tacco, punta e piede, c’è anche quel puttaniere di Goeebels con la sua merdosa saccenza, oltre ad un ubriaco che dovrebbe farsi più i cazzi suoi. Scusate i termini, ma siamo terribili, feroci, e senza altro per la testa.

Siamo bastardi e, nostro malgrado, senza gloria.

Gi

lunedì 5 ottobre 2009

Brooklyn's finest di Antoine Fuqua



Si potrebbe dire che "Brooklyn's finest" sia un grande film, uno splendido ritratto sull'america maledetta e la polizia sporca, sulla perdita dei punti di riferimento e dei valori di una società, sul ricatto e sul decadente modo di vivere di questa società. Si potrebbe dire che Richard Gere sia uno straordinario attore, e che dietro la sua reputazione di belloccio si possa non dico vedere, ma esaltare la sua capacità di recitazione. O che il cast d'eccezione che recita nel film, oltre a raccogliere applausi perché ogni nome ha fatto un po' di storia del cienema e ha intascare i milioni di dollari della produzione, sia davvero all'altezza delle aspettative; che sia un film ritratto della nostra epoca, in fondo al quale tutti ci possiamo rispecchiare e accanto al quale ritroviamo tutti i pensieri che ci hanno accompagnato giorno dopo giorno. Si potrebbe anche dire che i cambiamenti di prospettiva, la coesistenza di più storie che si sovrappongono, la rappresentazione di un mondo senza speranza gettato nel caos totale, rendono il film piacevole e gli danno una tensione emotiva che coinvolge lo spettatore, uno spettatore rapito, innamorato, che si rende conto di aver davanti uno dei più grandi capolavori della Hollywood moderna. Si sarebbe potuto dire che una produzione del genere, e un cast del genere, avrebbero reso questo non uno dei soliti ordinari film di Hollywood, ma un'incredibile novità, un rivoluzionario punto di vista.
Ecco, appunto, si sarebbe potuto dire. Solo e unicamente nel caso in cui tutte queste condizioni non si fossero verificate.
Oppure, se avessi parlato di un altro film.

Filos

domenica 4 ottobre 2009

G-Force di Jerry Bruckheimer


Eccoci di nuovo per la recensione di G-FORCE, il nuovo film di Jerry Bruckheimer .

Un film che definirei un po’ comico viste le caratteristiche dei personaggi: innanzitutto, il leader del gruppo di agenti FBI, Darwin, un simpatico porcellino d’india con una peluria rossa e bianca; Blaster un roditore dalle dimensioni anormali che cerca di corteggiare Juarez: una cricetina dall’aria così adorabile che poi si rivelerà la 007 della situazione; Mooch una mosca che, privilegiata dalle sue dimensioni riesce a infiltrarsi da tutte le parti e a manomettere tutti i chip dei computer e per ultimo Speeckles una talpa che si rivelera la “talpa” della circostanza.
I “microagenti” verranno a sapere che Leonard Saber, un magnate degli elettrodomestici, sta tramando un progetto di conquista mondiale.
Gli agenti verranno beccati senza mandato, e quindi condannati ad una vita normale (non da agenti segreti).
Gli agenti dovranno supportare le torture di una vita in gabbia, dopo poco tempo infatti si stuferanno e cercheranno in tutti i modi di evadere dalla prigionia e di fermare l’ira di Saber che intanto si prepara a azionare il suo progetto distruttivo.
Riusciranno i nostri criceti a salvare il mondo dal malvagio progetto di Saber? Andatelo a scoprire!
Quando sono entrato in sala pensavo fosse uno di quei film demenziali che portano gli animali a collaborare con l’uomo per salvare la terra... ma sinceramente mi è piaciuto, in alcuni punti potresti rimanere con il fiato sospeso. Ve lo consiglio vivamente.
E per ultimo ma non meno importante: Credo sia uno dei migliori film nel campo della tridimensionalità, in alcuni punti rischi di spaventarti vedendo oggetti e pezzi di microchip volarti addosso... Devo ammettere che durante dei punti del film mi sono spostato credendo che ferraglie e altri oggetti sarebbero potuti capitombolarmi addosso.
Alla prossima recensione!

Omonimino

venerdì 2 ottobre 2009

Harry Potter and the half blood prince di David Yates

Anche quest’anno ti chiedo troppo Harry …

La seconda recensione, per l’angolo dei piccoli riguarda l’ultimo film della saga di Harry Potter.

Quest’anno la malvagità di Lord Voldemort e dei suoi prodi si diffonderà non solo nel mondo magico ma anche in quello babbano.
Nonostante ciò durante l’anno scolastico nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts ci sono due novità dal punto di vista dei docenti: la cattedra di difesa contro le arti oscure verrà assegnata a Severus Piton mentre la carica di insegnante di pozioni verrà attribuita a Horace Lumacorno.
Il professor Silente spiegherà il modo in cui Tom Riddle (Voldemort) diventò uno dei più grandi stregoni del mondo.
Gli amori ad Hogwarts si arricchiscono, Ron e Hermione si odieranno durante quest’anno scolastico. Hermione innamorata di Ronald subisce una batosta visto che lui si bacia e si fidanza con un’altra ragazza; in realtà la storia si rivelerà una “storiella”, visto che dopo giorni, settimane e mesi di odio, Hermione e Ron faranno pace come ogni anno.
Quando sono entrato in sala e mi sono seduto sulla poltrona ero emozionatissimo.
La saga di Harry Potter, a mio parere, è molto intrigante e non smetterei mai di vederla o leggerla. Alcuni dicono che questo sia il film più bello, per me è il 3° fra i più belli.
Last but not least: sono contento che le visite al nostro blog crescono.
Andate al cinema, lasciate commenti e, a presto.

Omonimino

mercoledì 30 settembre 2009

Orrori a Venezia


Inauguro una nuova rubrica, "L'assurdità comica della cinematografia", con i film più incredibili nonché privi di senso, talmente tanto da risultare comici, che io abbia mai visto.

Questi sono i primi tre, ma ce ne sono altri pronti che riporterò nei prossimi giorni, tanto per dare un po' di suspance all'iniziativa.

  • Touxi: film del grande regista mandarino. La storia di un giudice che condanna un tizio, di un tizio che non vuole dare il suo fegato a un altro tizio che vuole il fegato e c'ha i soldi. Tutto questo in due ore e passa di lentezza abissale. Una rappresentazione della staticitià di un film che è passato alla censura del regime. Realismo esasperato.[Dopo cena, il prode F., che sarei io, avvicina la troupe che è seduta al suo stesso ristorante e chiede l'autografo all'attore principale: egli, dopo circa 12 traduzioni ad opera dei suoi accompagnatori, acconsente commuovendosi. Il resto della delegazione scatta foto al fan improvvisato applaudendo e baciandolo. Una storia d'altri tempi]

  • Café Noir: Un film bellissimo, in cui c'è tutto il mondo. E non solo perché dura 209 minuti. Il fantastico protagonista è alla ricerca di sé stesso: è innamorato di una donna sposata con uno scemo, e la figlia dello scemo e dell'amata è invaghita anche lei di lui che è un professore. C'è un'altra donna che invece va dietro al professore, che lascia a lei solo i piaceri fisici senza filarsela de pezza. Ma lui continua a sbattersene e a soffrire e a far soffrire questa poveraccia che peraltro non capisce che a lui non importa un fico secco di lei (chissà perché si dice un "fico secco"). A un certo punto va dal ferramenta e chiede un martello per spaccare la testa allo scemo. Però proprio quando lo sta per fare lo scemo si sveglia e tutto va a puttane. Lui parte e dopo aver camminato sulle acqua, conosciuto una di cui si innamora che prima gli dice "sì, sei l'uomo della mia vita" e poi scappa con un altro, che fra l'altro lei aspettava da anni. Poi il nostro eroe deluso viene benedetto da tre magi che nel film sono insignificanti credono che lui sia il messia. Un film incomprensibile, anche e soprattutto perché interrotto da grandi narrazioni fuori campo di lettere scritte non si sa da chi, ma lungo e fantastico.
  • Listicky: film sull'integrazione. In realtà la storia di una scema che va in Irlanda e non fa altro che combinare una stupidaggine dopo l'altra. Prima cerca di uccidersi, e va be', si può capire soprattutto dopo che si è vista l'attrice, poi rifiuta l'aiuto della sorella, fa di tutto per farla violentare non chiamando aiuto, si vende a destra e a manca e dopo che ha trovato miracolosamente un fidanzato ricchissimo e di colore ben fisicato lo lascia e se ne va in un posto di darkettoni e punkabbestia. Un film incredibile nella sua devastante e insensata catena di sciocchezze, che altro non può essere se non un consiglio per non compierle nella propria vita. Per il resto, un film inspiegabile.


Filos

martedì 29 settembre 2009

The taking of Pelham 123 di Tony Scott


In giro per strada, si può facilmente notare su cosa ma soprattutto su chi produttore e distributore puntino per pubblicizzare “Pelham 123-Ostaggi in Metropolitana”. I primi piani sui due faccioni di Washington e Travolta dominano cartelloni e locandine e mettono subito l’accento su fama e bravura incondizionata delle due star, mai protagonisti insieme e mai a così stretto contatto. Il regista è Tony Scott, già “gestore” di talenti del calibro di K.Knightley (Domino) e B.Pitt (Spy Game) e garante sempre di azione, adrenalina ed effetti scenici. Basta poco per informarsi sulla trama, che è già tutta nel sottotitolo della pellicola: ancor più in soldoni, si parla di un dirottamento di una metro con relativi malcapitati ostaggi. Ed è ancor più semplice capire chi tra i due volti ritratti in affissione pubblicitaria, uno abbronzatamente pacioccone e spaesato, l’altro spietato già nello sguardo, sia quello buono e quello cattivo. A dirla così, sembra già tutto scritto e ci si chiede come si possano riempire più di 100 minuti con un’idea che parte parecchio scarna. Analisi errata. In un New York colpita nel suo cuore che batte sottoterra, vivono tesi monologhi alla ricerca della frase ad effetto di un Travolta dirottatore che con un occhio ai titoli di Wall Street fa il bello e il cattivo tempo. All’altro capo del telefono durante la lunga e vibrante contrattazione, un appesantito Denzel Washington dall’aria dimessa, che nell’economia della pellicola riveste un ruolo che va via crescendo e che piace per la semplicità da americano medio, con moglie e figli a carico e compromessi e colleghi da sopportare. Il più delle azioni che alzano il battito cardiaco per chi è amante del genere si concentrano nella parte finale in cui le chiacchiere cominciano a stare a zero e entrano nel vivo corse forsennate, automobili capovolte, dollaroni in auto blu, sparatorie e fughe. La cura della colonna sonora è mirabile e cardiologicamente mirata a serrare i ranghi dell’adrenalina, così come le riprese, le più godibili quelle dall’alto, osservazione paradossale per un film ambientato per lo più in metropolitana. Insomma tra una massima del belloccio di “Pulp Fiction” e un improvviso scatto da eroeperungiorno dell’ “American Gangster” statunitense, troviamo non un capolavoro certo, ma un avvincente thriller d’azione ben confezionato e senza dubbio gradevole.

Gi (ma Filos ha scelto l'immagine)

domenica 27 settembre 2009

Honeymoons di Goran Paskaljevic

Un aggettivo per definire questo film? Dolce. E se proprio mi dovessero chiedere due aggettivi, io direi dolce e amaro, anche se amaro viene dopo. Honeymoons racconta due storie separate, che mai s'icrociano ma molto si somigliano: giovani coppie che vivono tra la Serbia e l'Albania vorrebbero approdare in Occidente, dove dicono che si viva meglio, e che sembra tanto vicina sulle cartine ma in realtà è distante anni luce per colpa della burocrazia e di tutti gli impedimenti pratici che essa comporta. Ci si immerge così nell vita privata di questi ragazzi, nella loro quotidianità, fatta di credenze popolari, di vergogne, di grandi clan familiari, di tradizioni radicate e sradicabili, di feste ingombranti come matrimoni infiniti con tanta gente che suona balla beve e canta; di sguardi furtivi e invidiosi, di visi scontrosi, ma anche, e soprattutto, visi dolci, alla ricerca di qualcosa di dolce che nella loro amara quotidianità purtroppo non si può trovare. E mentre quel personaggio è innamorato di quell'altro, e quell'altro è il rivale di quell'altro ancora, mentre scorre la vita di tutti i giorni, in casa, all'interno di una coppia, di una famiglia, noi del pubblico possiamo apparentemente intravedere, in realtà comprendere appieno, la vita e le vicende che si animano fuori casa, all'aperto, sotto gli occhi di tutti e a portata di mano alla televisione. La guerra in Kosovo è il vero retroscena, i morti sul confine sono all'ordine del giorno, e ci sono due schieramenti rivali, o meglio, nemici agguerriti e violenti, ai limiti del terrorismo, che sostengono chi un esercito chi l'altro. E seguono le violente vicende di là fuori dal divano, o dalla televisione del bar sotto casa. E non solo dell'est si delinea uno sfondo socio-politico; verso la fine entriamo in scena noi, gli italiani che campano di corruzione alla dogana. Si crea così, con l'avanzare del film, un affresco in cui il primo piano lascia spazio al paesaggio sullo sfondo, senza ingombrarlo e anzi lasciando perfettamente intravedere ogni minimo dettaglio.

In ogni caso del film non ti resta questo, non ti resta la trama, e quest'analisi un po' così così; accogli un sapore di poeticità reso nostalgico da un'ondata di drammaticità pronta a invaderti ma forzatamente nascosta in un angolo.

E provi già a immaginare la tua luna di miele.
Magari così dolce.
Speriamo non così.

C. S.

giovedì 24 settembre 2009

The informant di Steven Soderberg


Quando ti sei appena seduto in sala, e le luci si sono spente, ti domandi ancora una volta se hai fatto bene a fidarti del nome del regista di un gran bel film come "Traffic", ma allo stesso tempo di un tentativo simpatico esageratamente replicato come gli "Ocean's" dal cast stellare ma dai risvolti non proprio entusiasmanti, così come altri dei suoi lungometraggi. Di certo Soderberg è uno che ci sa fare, e allora perché non dargli fiducia; anche a un Matt Damon assoluto protagonista, che pure ha dato prova di non essere così male, e a una simpatica locandina che recita "basato su un vero pettegolezzo". In realtà il protagonista di questa storia, mentre una musica ironica e country ci accompagna alla sua scoperta, è un dirigente di una società immischiata in attività non proprio lecite, e la prima difficoltà che il responsabile incontra è un virus che misteriosamente sta distruggendo la produzione dell'importante e facoltosa azienda di prodotti biologici. Ne parla con i suoi superiori, che cercano di prendere dei provvedimenti, e chiamano addirittura l'FBI perché si sospetta una manovra da parte dei nemici giapponesi.
Il personaggio di Matt Damon fa affezionare il pubblico, ad ogni modo, e ci si ritrova a partecipare a tutte le sue scelte: ispira quasi simpatia quella voce strana che proviene dalla sua mente e che nelle circostanze più disparate, nei momenti di più estrema tensione, è pronta a informare il pubblico con le più ovvie nozioni di biologia. Eppure c'è qualcosa di strano, mentre la pellicola continua a scorrere e a portare via allo spettatore secondi e minuti: si costruisce come un castello di carta che si capisce possa crollare, che si comprende possa portare a una risoluzione, a un inaspettato cambiamento di rotta, a un colpo di scena. Il momento di massima tensione, però, non arriva mai, e il film continua a dondolarsi sulle note esterne di musiche allegre e spensierate che cullano la trama e creano un contrasto con le vicende che si susseguono e che spiazzano lo spettatore. Quando finisce tutto quanto si ha come l'impressione di essere una parte di un imbroglio, o la stridente sensazione ironica di appartenere a un sistema che non funziona. E anche se si pensa alle cose peggiori che ad ognuno di voi possano venire in mente, che siano in grado di rapire il vostro buon senso e il gusto di vedere una commedia, tutta la proiezione a cui si è assistito lascia un sapore strano in bocca, un sapore ibrido, un intreccio ambiguo, e per qualcuno anche inspiegabile. Il castello di carta diventa un'amnesia da vino bianco, o un disco di free jazz.
Come una piccatina all'arancia.

Consigliato: dipende se vi piacciono le piccatine all'arancia.

Filos

mercoledì 23 settembre 2009

Whatever works di Woody Allen


"Sono un vecchio brontolone a cui non hanno ancora assegnato il premio Nobel, però ci sono andato vicino. E non guardatemi così, con quell'aria comprensiva o ancora peggio con quegli occhi che vorrebbero dire che sono un presuntuoso, che non mi accompagnereste neanche a prendere un caffè: nessuno ve lo ha chiesto e poi credo di avere già abbastanza problemi per non dovermene caricare degli altri. Quali sono? Beh, il semplice fatto che tutto finisca prima o poi e che l'entropia dell'universo sia in aumento non basterebbe ad accantonare tutto il vostro affanno, tutte le ridicole cose in cui credete? Certo, è ben difficile che riusciate a capire un grande genio come me, uno a cui avrebbero dovuto dare il premio Nobel per la fisica, e ci sono andato vicino. Credete ancora di potervi appendere alla lirica illusione dell'amore? Forse siete sufficientemente stupidi da continuare a crederci, da far finta di niente, abbastanza insignificanti da andare avanti comunque perché tanto la vostra vita ha un senso e comunque perché farsi queste domande...Ebbene, se ci riuscite bravi, continuate così, perpetuate le vostre ridicole credenze fino al giorno in cui potreste stancarvi, potreste scoprire l'unica verità: che voi non siete e non sarete mai niente e che l'amore non è altro che un'inutile speranza fantastica in cui cercare sostegno finché un giorno ti svegli e tua moglie ti tradisce con il tuo migliore amico. Insomma, la vita è un vero casino, non ci si capirà mai niente, e non date retta a tutta quella gente che per ogni evenienza tiene le mani giunte e implora un tizio che non esiste e che se esiste non è che gliene freghi poi tanto. L'alternativa è farla finita, ma io sono stato sfortunato, quella volta che ci ho provato, e non ci sono riuscito. Per il resto, direte che sono un vecchio brontolone, ma in realtà sono un grande genio, che ha formulato l'unica teoria possibile dopo l'universo senza stringhe; provate a fare finta di niente e, perché no, buttatevi su un amore mediocre che serva solo a tenervi in vita.
Basta che funzioni."

Immaginate che abbia parlato il protagonista del film, ovviamente, in realtà mi sono (quasi) inventato tutto.

A me è piaciuto, checché se ne dica, e lo porterei con me se mi chiedessero di scegliere i migliori dieci film di W.A.

Filos

martedì 22 settembre 2009

Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli

Essendo una pellicola non proprio di prim’ordine in quanto opera prima e sinistroide, i multisala coprono altre esigenze di tipo commerciale e le sale che offrono le loro poltrone e le loro biglietterie alla Nicchiarelli e al suo Cosmonauta sono poche, piccole e circondate da intenso traffico e pochi spazi liberi per il parcheggio. Con forte sorpresa, arrivo puntuale nonostante i già citati problemi logistici. Lo spettacolo scelto è l’ultimo del venerdì, le poltrone occupate saranno poco più di 20. Mi verrebbe da urlare che c’è più elettorato di sinistra qui dentro che nelle assemblee Pd. Riesco incredibilmente a trattenermi. Dopo le immancabili cinquesei paia di trailer, apprezzo con simpatia l’originale trovata del corto animato, diretto dalla stessa esordiente regista: scanzonato, disinvolto, spassoso. E con la qualità di introdurre alla principale tematica della pellicola ossia la corsa allo spazio, vista nell’ottica dei successi sovietici. Poi via, titoli d’apertura e occhi puntati sulla piccola giovinetta, protagonista già da subito di una gridata dichiarazione di anti clericalismo e conseguente schieramento politico. Anni 60. Le immagini che la Susanna regista ci propina sono di una Roma col sole al tramonto, con interni tempestati di carta da parati, scarna argenteria, televisore a colori. Paneamorefantasia di un proletariato che pare non esserci già più; i cortili sono quelli modesti e con poche pretese della Magliana, le movenze degli abitanti sono fortemente connotate di ponentino: ganascini, bacioni e via dicendo. I socialisti sono traditori all’occhio del falce e martello, i risultati elettorali tengono incollati alla tv manco fosse la finale dei mondiali, la lingua che viene fuori è a metà tra il romano spiccio ma quasi mai spinto del quotidiano giovanile e il russo di Kruscev, Gagarin e radiogiornalisti tirati dentro con buon tempismo nel corso del lungometraggio. Entrate sceniche che in base al loro valore e alla loro importanza politica corrono di pari passo alle avventure di Luciana, della sua famiglia sbilenca, del suo circolo comunista e delle sue storie storielle adolescenziali, banali ma non troppo e che portano via a me spettatore un sorriso a volte candido a volte ammiccante. Le note sono di quegli anni, ma rivisitate male da voci contemporanee sconosciute; su questo, si è risparmiato. Guest star la Pandolfi, che smette in questo film di ricordarmi i fasti di fiction targate Mediaset e che s’acconcia a donna del tempo: chioma cotonata, ansie da madre che ne ha viste tante e qualche compromesso per tirare avanti la baracca. Buono anche Rubini, che o stempera l’ambiente, almeno per lo spettatore, o lo avvampa con fare prima bonario poi autoritario. In generale molta solitudine con gli occhi all’insù, verso il cosmo e le conquiste russe, per dire che davvero poteva essere possibile un successo acceso di rosso. Una passione e una speranza vera che diventa quasi beffa nel fotogramma a chiusura del film. Il pubblico nella mia sala sa già che non uscirà triste dalla porta del cinema: s’era già rassegnato trent’anni prima di questa serata pre-invernale nei pressi di Porta Pia.

Gi

Ice age 3 (L'era glaciale 3:l'alba dei dinosauri) di Carlos Saldanha

Cominciano le recensioni del nostro neosito.

Questo mese, il film che è prevalso nella mia rubrica "L'angolo dei piccoli", è stato L’Era Glaciale 3 nella versione tridimensionale .
Il seguito della saga del simpatico gruppo “preistorico” formato da due mammut (Manny e Ellie) , una tigre il cui nome è Diego, due simpatici opossum, Crash e Eddie, e un divertentissimo bradipo: Sid.
I nostri amici si avventureranno in un mondo sotterraneo dove i pericoli non mancano, per salvare Sid che come sempre si caccerà nei pasticci.
La trama del film è avvincente e divertente infatti io stesso quando sono andato a vederlo sono rimasto in alcuni punti con il fiato sospeso.
L’unico difetto di questo film (solo della versione in 3d) è che non si nota molto la differenza tra la versione in tre dimensioni e quella bidimensionale; per cui direi che non vale la pena spendere soldi in più per vedere il film tridimensionalmente se poi le differenze sono quasi nulle...
questa è stata la mia prima recensione. spero che ci risentiremo presto... al prossimo mese! anzi al prossimo cartoon!

Omonimino